Il letamaio formiano

Le accuse delle persone – che si sono accampate fuori dal comune – rivolte al sindaco e al presidente del consiglio comunale, sono gravissime e non ci lasciano indifferenti, visto i nomi dei coinvolti.
Tralasciando il caso specifico, è di dominio pubblico come durante qualsiasi campagna elettorale le persone – soprattutto quelle più disagiate – vengano avvicinati con la promessa di un posto di lavoro, per condizionarne il voto a favore dell’uno o dell’altro candidato e penalizzando invece chi non usa tale sistema.
Vere e proprie cambiali elettorali che in molti casi nemmeno vengono onorate. Della serie “cornuti e mazziati”.
E’ facile criticare le vittime di tale sistema orribile, per i gesti disperati di cui si rendono protagonisti, ma come non mettersi nei panni di chi si aggrappa disperato a una promessa, se pur flebile, di lavoro per portare il pane a casa, soprattutto con l’esplosione della disoccupazione, che di fatto rende i lavoratori – in particolare quelli meno qualificati- non più liberi ma schiavi.
Sappiamo bene come la disoccupazione sia purtroppo la conseguenza di strategie economiche sbagliate, ma i politici invece di rimboccarsi le maniche per cambiarle, dando così risposte soddisfacenti alla richiesta di lavoro, utilizzano i disoccupati per farne i propri schiavi.
Aggiungiamo che in un paese privo di qualsiasi ammortizzatore sociale degno di questo nome, quando ad una persona gli hai tolto il lavoro gli hai tolto tutto, rimane la dignità, ma di quella spesso non sai cosa fartene.
D’altronde il lavoro non è più considerato un diritto ma un gentile regalo del padrone di turno, nonostante la Costituzione italiana lo prevede espressamente all’articolo 4.
Nella nostra città poi la politica di palazzo dedica il suo tempo ad altro, così come le numerose indagini della magistratura hanno sottolineato.
Dal Sistema Formia (venti persone rinviate a giudizio) alla Latina Ambiente (sei persone indagate), passando poi alla richiesta di rinvio a giudizio dell’attuale sindaco per voto di scambio, si è scoperchiato il vaso di pandora di un sistema di amministrare la nostra città – fatto di favoritismi e corruttele – che di certo impone a tutti i cittadini una seria riflessione su qual è il degrado civico che ha investito la nostra città.
Un sistema che di fatto ha distrutto la nostra città, privando i cittadini – soprattutto quelli che non hanno nessun santo in paradiso – dell’opportunità di potersi creare un futuro lavorativo stabile, senza dover sottostare al ricatto del padrone di turno.
Ricordiamo tra le tante promesse lavorative non mantenute quella delle centinaia di posti di lavoro che sarebbero dovuti nascere con la realizzazione del porto “Marina di Cicerone”, noto anche come porto Ranucci, dal nome del senatore democratico che lo aveva proposto.
Il Porto turistico doveva essere inaugurato alla fine del 2014, ma ad oggi nemmeno una pietra è stata messa, ma è stato comunque uno dei “convitati di pietra” delle ultime elezioni comunali.
Eppure anche di soldi pubblici nella nostra città ne sono arrivati a milioni in questi anni anche a rischio di una dannosa bulimia progettuale, vedi anche i progetti rifatti più volte per soddisfare il gusto estetico dell’amministratore di turno.
Peccato poi che questi progetti pagati e strapagati con i soldi della collettività non hanno portato lavoro a Formia.
Per carità è bello avere una città accogliente dal punto di vista architettonico e paesaggistico ma se manca il lavoro il tutto si riduce ad essere una tavola imbandita per pochi eletti e il disagio lavorativo diventa un’occasione di ricatto.
Eppure in una città dove esplode la disoccupazione, il lavoro nero, il non lavoro (intendendo con questo termine tutte le forme di lavoro precario e sottopagato), l’assenza di politiche sociali che non si limitino ad una tantum ma che aggrediscano le cause che scatenano il disagio, la povertà nelle sue molteplici forme, dove si preferisce mettere i poveri contro altri poveri, ci sarebbe tanto da fare per riportare i diritti di nuovo al centro dell’azione politica.
E’ quindi necessaria una proposta che agisca alla radice del problema, capace di pensare una nuova forma di democrazia radicale che faccia della giustizia sociale il suo perno, di rompere il monopolio detenuto dai soliti noti e di restituire la città ai suoi veri proprietari: i lavoratori, i subalterni, gli sfruttati.
Le fasce sociali meno abbienti – che vivono sulla propria pelle le conseguenze dello smantellamento dello stato sociale – devono organizzarsi e lottare per i propri diritti, mandando a casa chi ha fatto della politica un occasione di arricchimento per sé e la propria coorte a danno degli altri.

Circolo “ENZO SIMEONE”
partito della Rifondazione Comunista
Formia

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