La Festa della Repubblica ha avuto un epilogo amaro con l’assassinio di Soumayla Sacko
Soumayla Sacko, maliano di 29 anni, è stato ucciso da una fucilata all’interno dell’area dell’ex fornace “La Tranquilla” nei pressi della baraccopoli di San Ferdinando, nella piana di Gioia Tauro, un altro dei due che erano con lui è stato ferito. Il sito è sotto sequestro e abbandonato da anni. Invece l’altra sera l’assassino era già sul posto ad aspettarli quando i giovani sono arrivati nell’area. È sceso da una Panda armato di un fucile e ha sparato da una distanza di una settantina di metri. Quindi chi intende classificare questo delitto come una tragedia legata ad un furto di lamiere in una ex fabbrica senza padrone, è pregato di accomodarsi nel campo degli illusi; oppure in quello dei depistaggi.
La vera colpa di Sacko – immigrato regolare – è quella di essere un iscritto USB, la colpa di Sacko è quella di lottare per i diritti dei braccianti sfruttati nella piana di Gioia Tauro. Dove, nell’assoluto silenzio, sono trattati peggio degli animali, chiusi nella baraccopoli di San Ferdinando. Dove nello scorso gennaio Becky, una giovane donna nigeriana, è morta nel rogo che ha devastato parte della tendopoli. Dove negli anni passati già sono accaduti altri fatti di sangue legati alla lotta per conquistare dignità e diritti per i migranti sfruttati. Una lotta silenziosa, colpevolmente trascurata dalla politica – tranne poche lodevoli eccezioni – che si gonfia la bocca e la pancia agitando il grido de “la pacchia è finita!” – frase indegna e disumana ancor di più se detta da un ministro di una repubblica antifascista – e che non trova il tempo di indagare e di combattere il fenomeno, se non minacciando le vittime e non i carnefici.
Un silenzio colpevole se pensiamo a tutte le realtà che soffrono quest’altro aspetto del fenomeno migratorio, volutamente taciuto perché strumentale al profitto di cinici caporali al servizio dello sfruttamento della grande distribuzione. Perché nessuno vuole e deve vedere o raccontare il calcolo economico che soggiace lo sfruttamento della migrazione, ovvero l’abbattimento del costo della manodopera per la massimizzazione del profitto sui prodotti ortofrutticoli venduti dalla grande distribuzione. Cosi da un lato si piangono lacrime di coccodrillo incolpando l’Europa e la globalizzazione, dall’altra si sfruttano i migranti mettendo loro in mano un salario indegno e infame.
Benvenuti nell’Italia della vergogna, che non dista molti chilometri da noi perché basta spostarsi di qualche km più in là per scoprire di vivere in un mondo di aggressioni ed intimidazioni. Basta spostarsi nella piana di Fondi, nelle campagne tra Terracina, Sabaudia e Latina, per scoprire che Marco Omizzolo – cui va la nostra solidarietà – un giornalista con la schiena dritta subisce continui atti intimidatori. E’ accusato di danneggiare gli interessi economici degli schiavisti della zona, accusa ammissibile unicamente in un mondo alla rovescia.
Ieri nella piana di Gioia Tauro è stato indetto uno sciopero, con o senza l’accordo del sindacato. Una manifestazione spontanea, uno sfogo di rabbia lungo dalla tendopoli alla casa comunale di San Ferdinando, al grido di “Soumayla uno di noi, vogliamo giustizia”, “Tocca uno. Tocca tutti”,“Siamo qui per lavorare, ma ci trattano come animali”.
Noi ci sentiamo uniti a quel grido di rabbia e di dolore, pronti a dare il nostro sostegno alla lotta degli sfruttati, migranti o non, in ogni luogo, sia esso la piana di Gioia Tauro, Nardò, o la piana di Fondi e l’agro Pontino, perché sia chiaro laddove esiste lo sfruttamento muore la democrazia e questo indipendentemente dal colore della pelle.
Circolo “ENZO SIMEONE”
partito della Rifondazione Comunista
Formia
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