SULLA SALUTE DELLE VILLE STORICHE NELLA CITTÀ DI CICERONE
Terminate le Notti di Cicerone, grande vanto delle amministrazioni di questa città siano esse civiche, di destra e di sinistra, che mettono sempre grande impegno, invitano personaggi, producono cartelloni e luci di ribalta; ai Comunisti una domanda sorge spontanea. Ma il patrimonio archeologico della nostra città in che stato versa?. Risposta semplice: Male!
E allora poniamolo a questa città addormentata la terza delle questioni urbanistiche che ci affliggono: lo stato delle ville della città di Cicerone (Villa Rubino e Villa Mamurra) in che stato versa e come si pensa di risolvere? Come per le precedenti aspettiamo risposte dal consiglio comunale, visto che le notizie che avevamo non erano per niente confortanti.
LA VILLA DI CICERONE? RISCHIA DI CROLLARE!
Nel
2015 furono lanciati degli appelli per salvare dal degrado la storica
e straordinaria dimora (oggi comunemente riconosciuta come Villa
Rubino) che alcuni ancora pensano sia appartenuta a Marco Tullio
Cicerone; quindi per sbloccare la trattativa per il trasferimento al
patrimonio comunale quantomeno di parte dell’immobile.
Un
complesso importante La villa, costruita su tre livelli, ha la forma
di un rettangolo quasi perfetto di mt 200 x mt 250 orientata nel
senso est-ovest e direttamente affacciata sul mare, con tanto di
porticciolo privato (ora corrispondente al porto turistico di
Caposele), con grandi peschiere e due ninfei a più navate. Tutto
l’edificio era arricchito con decorazioni “rustiche”,
colonne doriche, marmi e immagini rupestri. Il sito è arricchito
anche dalla garitta posta all’angolo sud-ovest del terreno in
perfetta posizione di guardia del porto e della stessa villa; nonché
dai resti della Chiesa privata “Regina Angelorum” ,
posta all’angolo opposto di nord-est , la cui Cupola era ancora
visibile nel dopoguerra fino agli anni ’60. Un’area urbana di 50.000
metri quadri circa , pari a 5 ettari o 15 tomoli come venivano
misurate a Formia le proprietà terriere nel periodo Borbonico a cui
bisogna aggiungere l’estensione complessiva del porto , della zona
del Malopasso, dei criptoportici, recentemente, restaurati e delle
due piscine romane per allevamento pesci situate, grosso modo, in
quella zona che oggi è il piazzale del porto.
Nel tempo, la villa ha cambiato spesso proprietari, quasi tutti nobili appartenenti a famiglie di spicco di Napoli, tra cui la famiglia Marzano, il Principe di Caposele Carlo Ligny e poi ai Re Ferdinando II – Re delle due Sicilie – che nel 1852 acquistò all’asta la Villa da Maria Domenica Ligny – poi il figlio Francesco II di Borbone, re di Napoli, che ne fece la sua residenza estiva, arricchendola con un grande giardino di agrumi, restaurando i Criptoportici, costruendo i moli portuali, realizzando la” Garitta “, e consentendo ai pescatori di Formia di ormeggiare gratuitamente nel porto. Nel tempo sono avvenuti una serie di frazionamenti e costruzioni di fabbricati. In quasi tutti gli scavi interessati da queste costruzioni, sono stati rinvenuti tantissimi reperti di epoca romana e rinascimentale, tant’è che Carlo Ligny Principe di Caposele , durante tutta la sua permanenza in questa dimora, ha accumulato una serie tale di reperti tanto da realizzare un museo privato. Molti reperti di notevole valore, con epigrafi attestanti la presenza della Gens Vitruvia a Formia che ha visto nascere nel Formianum l’architetto Marco Vitruvio Pollione , sono ancora visibili all’interno di un cancello e un ingresso tenuti in condizioni non adeguate alla storia di questo luogo dove è passata la storia dell’Unità d’Italia quando, il 13 dicembre 1861, nella villa fu firmato l’armistizio di resa delle truppe napoletane a quelle piemontesi del generale Cialdini. Poi Tra il 1867 e il 1868 la villa fu venduta dallo Stato alla famiglia Rubino, tuttora proprietaria dello stabile. Non c’è da stupirsi dunque se il Fai ha eletto la villa “luogo del cuore da salvaguardare”, ed esistono tutti i presupposti per farne una vasta area archeologica.
La villa, anche se non è stata del tutto scoperta, versa in uno stato di degrado e di abbandono, così come anche lo storico agrumeto, dal momento della vendita a oggi non sembra siano stati compiuti interventi, tant’è che si stanno perdendo tutte le decorazioni parietali e gli stucchi e anche il terrapieno, se privo di manutenzione, finirà col cedere. Prima che i ninfei crollino sarebbe meglio si dicesse ai privati che non ci si può appropriare di un pezzo di Storia e poi lasciarlo al degrado. I mosaici sono in gran parte distrutti. Intorno ai resti crescono sterpi e alberi da frutto. Il complesso avrebbe bisogno di cospicui interventi di manutenzione per mettere in sicurezza le architetture romane. Del che l’amministrazione nel tempo ha provato ad acquisire l’area per restituirla alla pubblica fruizione attraverso il trasferimento al patrimonio pubblico di parte o dell’intero complesso archeologico, per procedere alla onerosa ristrutturazione. E Oggi? Tutto tace! Chissà se a qualche consigliere vien voglia di fare il suo mestiere?
LA VILLA DI MAMURRA? LAVORI FERMI!
Il grande complesso archeologico della Villa di Mamurra edificata nel 50 a.C. per volontà di un facoltoso cavaliere romano, legato all’imperatore Giulio Cesare, di origine formiana, vissuto in età repubblicana sorge a pochi metri dal mare estendendosi per alcune centinaia di metri. Oggi della villa restano pochi ma significativi resti posti in modo discontinuo lungo un tratto di costa di oltre 200 metri. Tra i più significativi ci sono i resti del tempio di Giano di forma ottagonale, di cui oggi si conservano soltanto alcune rovine – attualmente in fase di recupero – poiché il complesso architettonico è andato distrutto dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. A queste si aggiungono due cisterne – la “Maggiore” e quella “delle Trentasei colonne” – utili a raccogliere acqua piovana e sorgiva, realizzate con caratteristiche costruttive innovative per l’epoca. Si può inoltre ammirare la “Grotta della Janara”, un corridoio scavato nella roccia utilizzato per congiungere la parte superiore della villa con una serie di vasche termali, poste a livello del mare, di cui restano ben visibili i perimetri. La cisterna delle 36 Colonne è peraltro oggetto di monitoraggio nell’ambito del progetto ArTeK – Satellite enabled Services for presevationy and valorisation of cultural heritage.
Nel dicembre 2018 l’Ente Parco Regionale Riviera di Ulisse e la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Frosinone, Latina e Rieti, hanno annunciato le iniziative congiunte intraprese per la tutela e la valorizzazione del patrimonio archeologico sul promontorio di Gianola, in attuazione del protocollo di intesa sottoscritto nel Dicembre del 2017 e della successiva integrazione del 14/12/2018; consistenti in un intervento con fondi ordinari del Mibac sulla Cisterna delle 36 colonne ed il finanziamento con fondi straordinari (Mibac) che avrebbe consentito la prosecuzione dei lavori e il consolidamento strutturale del manufatto.
Il risultato finale degli interventi, sarebbe dovuto essere quello di restituire alla pubblica fruizione il manufatto ad oggi interdetto alle visite per ragioni di sicurezza. Da allora tuttavia non se ne è saputo più nulla. E Oggi? Tutto tace!
Siamo costernati di fronte all’ipocrisia di una classe dirigente che si candida a governare la città, si straccia le vesti e riempie la bocca con paroloni tipo “promozione turistica” e lascia morire nel degrado i complessi archeologici più importanti della città! Una sola parola: VERGOGNA!
Circolo “ENZO SIMEONE”
PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA
FORMIA
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