I Senzatetto trattati peggio dei criminali. Quando invece ci sarebbe molto da fare

Non crediamo che vivere tra i rifiuti sia un crimine tale da rendere necessario lo spiegamento di forze dell’ordine messo in piedi per sgombrare i senzatetto dai luoghi dove sostano al solo scopo di trovare un giaciglio per passare la notte, soprattutto ora che è arrivato il gelo, con tutto ciò che ne consegue.

Vivono già condizioni al limite di qualsiasi sopportazione umana, che sono figlie molto spesso di una scelta legata all’impossibilità di sopportare le condizioni di vita a cui sono costretti, ma anche dal non voler accettare le regole di chi in buona fede vuole aiutarli, tanto da preferire la strada e le insidie che questa comporta.

In realtà crediamo che una struttura come il dormitorio gestito dalla Caritas sia nei fatti un’idea ormai superata, perché figlia di un’epoca dove prevaleva la carità, rispetto ai necessari tentativi di dialogo con chi per scelta, o per necessità, ha deciso di rendersi invisibile, gettandosi alle spalle la precedente vita.

Sarebbe infatti il caso di investire risorse ed energie per progetti che prevedano il reperimento di piccoli alloggi da mettere a disposizione di chi ne ha bisogno, per brevi o lunghi periodo, in funzione dei singoli casi. D’altronde è necessario che l’intera collettività si faccia carico di queste persone, perché è incredibile che si trovino soldi per iniziative futili e non invece per aiutare chi ne ha veramente bisogno.

Si potrebbe chiedere da subito di utilizzare una parte degli oltre 10milioni di euro con la quale la regione Lazio ha previsto di finanziare il “Piano Povertà”, che prevede tra l’altro 1,8 milioni di euro per il potenziamento delle strutture che erogano i servizi di mensa, oltre 1 milione di euro per l’accoglienza notturna, oltre 1 milione di euro per centri diurni. Probabilmente il problema dei senzatetto è stato finora sottovalutato, perché si è temuto che nell’offrire loro un servizio, se pur minino, si possa correre il rischio che decidano di fare di Formia la loro città di adozione.

Molti si lamentano che fanno i loro bisogni in strada, che puzzano perché non si lavano, noi invece ci domandiamo se è possibile che una città come Formia, non si sia ancora dotata di bagni e docce pubbliche, che non sarebbe una soluzione definitiva, ma sicuramente una dimostrazione di attenzione, per chi non può accedere a servizi propri.

A noi non fa paura la loro puzza ed i loro stracci, ma l’indifferenza delle persone che non rende onore ad una città che si fa vanto della propria ospitalità, ma che probabilmente questa parola preferisce utilizzarla per i ricchi e non per i poveri, così come disse un tempo un nostro consigliere comunale (niente nomi per evitare di fargli pubblicità).

Le iniziative di natura repressiva tentano di azzerare una realtà cancellandone la visibilità. Sgomberare vuol dire costringere persone con grave disagio ad allontanarsi dalle proprie postazioni occasionali per diffondere un’immagine d’insignificante efficienza nei confronti della città. Ma cosa si risolve realmente? Non si ottiene altro che una maggiore distanza tra comunità civile e senzatetto e ad un isolamento ulteriore da parte loro.

L’assessore Treglia li definisce quasi relitti umani, invisibili ma allo stesso tempo fastidiosi, ma ha mai parlato con uno di loro? Li ha mai incontrati? Sa chi sono, perché si trovano in quelle condizioni? Forse sarebbe necessario conoscere più da vicino ciò di cui si parla, entrare in contatto con realtà che si ignorano completamente e pertanto si temono.

Sarebbero utili luoghi predisposti all’incontro assistenziale e al dialogo con iniziative che diffondano testimonianze sulle vite dei senzatetto, sulle loro storie, sulla loro umanità e sui loro drammi .

Per essere veramente efficace il comune di Formia si dovrebbe attivare per concedere ai barboni la residenza anagrafica nei centri di accoglienza o di assistenza. Questo è stato fatto in altre città per consentire l’ accesso a diritti elementari quali l’ assistenza sanitaria, la carta d’ identità , il voto, l’iscrizione all’ufficio di collocamento.

Non ci sarebbe alcuna violazione di legge, perché il diritto all’iscrizione anagrafica delle persone senza fissa dimora nel comune dove hanno stabilito il proprio domicilio è previsto sia da una legge del 1954 e sia dal regolamento anagrafico del 1989.

Nessuno di noi ha facoltà di giudicare una scelta così difficile (lì dove sia una scelta!), l’unico dovere di solidarietà sociale è quello di fornire assistenza in base alle loro necessità e non alle nostre. Il principio di autodeterminazione deve essere una consapevolezza di tutti e se si vuole aiutare bisogna farlo senza giudizio né imposizione di cambiamento di realtà così complesse e drammatiche.

Gennaro Varriale
segretario del circolo “ENZO SIMEONE”
partito della Rifondazione Comunist
Formia

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