No ai sindaci sceriffi

Grazie al nuovo decreto sulla sicurezza urbana del Governo a guida PD, sostenuto anche dagli scissionisti di Bersani e Speranza, ai sindaci viene riconosciuto un maggior potere in materia di ordinanze e soprattutto vengono concessi loro anche poteri per la limitazione della libertà dei cittadini in nome della sicurezza urbana. Lo hanno chiamato “decoro urbano”.
Probabilmente a finire sotto la scure del nuovo giustizialismo democratico saranno in primis i senzatetto e i mendicanti, poi subito dopo i venditori ambulanti e i consumatori di sostanze stupefacenti o di alcolici e infine tutte le persone ritenute antipatiche dal potere. Insomma tutti quelli che disturbano l’ordine borghese.
Eppure lo stesso Minniti ha affermato – pochi giorni prima dell’approvazione del decrero – che nel 2016 i reati sono calati del 9,3%, tradendo così il reale intento della sua iniziativa: rispondere alla pancia del paese, lavorando sulla “percezione” di insicurezza diffusa ad arte tra gli italiani, soprattutto tra i meno abbienti, per poi tentare di passare all’incasso durante la campagna elettorale.
Lo conferma l’incipit del decreto: “Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di introdurre strumenti volti a rafforzare la sicurezza delle città e la vivibilità dei territori e di promuovere interventi volti al mantenimento del decoro urbano …”.
Una deriva che puzza di fascismo lontano un miglio e che fa paradossalmente pensare – in talune occasioni – alla necessità di proclamare lo stato di emergenza.
Con l’ideologia del decoro si vuole liberare i centri delle città da presenze “moleste”, senza
fare alcuna distinzione di merito, ma regalando ai sindaci poteri da podestà.
La sinistra borghese – travolta dall’adesione al modello liberista – in questi anni ha portato il suo contribuito di miseria alla cultura e alla politica, trasformando le nostre città in gabbie, nelle quali è impedito il tentativo di essere altro, se non l’adesione al modello dominante.
Le leggi di mercato – che tanto piacciano alla nostra attuale classe dirigente – hanno trasformato il cittadino medio in un consumatore compulsivo, al quale è negato tutto, compreso il godimento dei diritti.
Invece di perdere tempo a pensare a norme come il decreto sicurezza bisognerebbe ripensare le nostre città, trasformandole in laboratori nei quali sperimentare nuove forme di aggregazioni, in grado cioè di valorizzare le persone non in base a ciò che hanno, ma a quello che sono.
Non vorremmo trovarci tra qualche anno a convivere con il rimpianto di non aver provato a scardinare il mito della città fortezza nella quale si vive tutti felici e contenti, se si fa quel che dice il sindaco sceriffo, mentre si regalano pene severi ai presunti trasgressori.
Nell’immediato si cattura il consenso di chi si sente assediato e per questo pretende più “ordine e disciplina”, ma poi a lungo andare si rischia l’impoverimento della democrazia, che è da sempre luogo per eccellenza nella quale si sperimentano forme di convivenza anche forzose ma di sicuro preziose, con l’obbiettivo di allontanare da noi l’idea che l’altro è un pericolo per la nostra personale sicurezza.
E’ evidente che la politica vuole continuare a dare in pasto all’opinione pubblica il diverso, soprattutto se questo appartiene alle fasce sociali meno abbienti.
La sfida invece sta proprio nel dimostrare che è possibile immaginare da un lato una città meno fortezza e dall’altro più accogliente, soprattutto nei confronti di chi è altro rispetto a noi.
Una città che sappia stare accanto agli sfruttati, ai senza-casa, ai senza reddito, a chi non si lascia sconfiggere dalle avversità, a chi continua comunque a lottare nonostante tutto contro una politica che sa purtroppo di malaffare.

Circolo “ENZO SIMEONE”
partito della Rifondazione Comunista
Formia

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