Legge 194:la democrazia negata

La “Legge 22 maggio 1978, n.194 – Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”, meglio nota come Legge 194, è la legge – in vigore in Italia – che ha depenalizzato l’interruzione volontaria di gravidanza e messo fine alla piaga dell’aborto clandestino. Prima di allora l’aborto, in qualsiasi sua forma, era considerata dal codice penale italiano un reato. Procurarselo era punito con la reclusione da uno a quattro anni (art. 547), mentre chi lo causava o lo istigava rischiava fino a cinque anni. L’approvazione della Legge 194 fu molto travagliata, a causa delle resistenze proveniente dall’ala più conservatrice del mondo cattolico, che vedeva nella stessa la possibilità da parte delle donne di emanciparsi da una società che da sempre l’aveva relegata ad angelo del focolare domestico e vittima del dominio maschile. L’idea che la donna potesse decidere della propria sessualità era aberrante. Ed allora – grazie alla complicità dell’ala più reazionaria dell’allora democrazia cristiana – nelle more della legge venne introdotta la figura del medico obiettore. L’articolo 9 infatti prevede che “L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento”. Quali sono i risultati? Che ad esempio stando ai dati – diffusi dalla direzione regionale Salute ed integrazione sociosanitaria (rapporto novembre 2016 relativo al 2015) nell’Asl di Latina – il personale non obiettore è composto da appena 19 sanitari su 141 (13,5 %). Il dato più drammatico è che la stragrande maggioranza di obiettori di coscienza sono ginecologi (circa 9 su 10). Insomma per una donna nella provincia di Latina è presso che impossibile ricorrere alla legge 194. E’ quindi necessario recarsi nella capitale, che assorbe la maggioranza delle interruzioni volontarie di gravidanza entro il novantesimo giorno e dove però confluiscono anche le donne delle province di Rieti, Frosinone e Viterbo. D’altronde cosa vuoi aspettarti da una provincia dove la Chiesa e i fascisti la fanno da padroni da sempre, regalandoci perle di ignoranza e sudditanza. La libera sessualità è l’incubo numero uno per entrambi. In generale non sono pochi gli interventi a gamba tesa per cancellare una legge già monca di per sé o quantomeno per renderla ancora più inefficace. Senza parlare poi della levata di scudi sulla possibilità che nelle scuole della nostra Repubblica laica e antifascista venga introdotta l’educazione sessuale come materia di insegnamento. Eppure secondo gli esperti che hanno redatto il rapporto del 2013 “Policies for Sexuality Education in the European Union “un’educazione sessuale insufficiente porta a un aumento del tasso di gravidanze in età adolescenziale e a una maggiore quantità di persone che soffrono di Aids e malattie sessualmente trasmissibili”. Sempre nello stesso rapporto, si legge che l’Italia ha invece dovuto e deve tuttora fare i conti con l’opposizione della chiesa. Il nostro Paese è infatti uno dei pochi stati membri dell’Unione Europea in cui l’educazione sessuale non è obbligatoria, accanto a Bulgaria, Cipro, Lituania, Polonia e Romania. All’epoca della stesura del Rapporto, nell’elenco figurava anche il Regno Unito, che però nel 2017 ha provveduto a renderla materia inderogabile in tutte le scuole. Nel 2011 papa Benedetto XVI ha definito la partecipazione a corsi di educazione sessuale e civile “un’altra minaccia alla libertà religiosa delle famiglie”. Nonostante alcune aperture ancora oggi i gruppi ultracattolici sono fermamente contrari a ogni tipo di lezione sulla sessualità e sull’affettività nelle scuole, nella convinzione che i bambini vadano tenuti lontani dal tema. Ovviamente i danni sono enormi, perché priva i bambini della possibilità di conoscersi e di conoscere. Ma cosa vuoi che freghi a chi dell’ignoranza delle masse ha basato il suo consenso.

Circolo “ENZO SIMEONE”

partito della Rifondazione Comunista

Formia


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