La politica ed il malaffare

Il caso di Minturno, con l’arresto del consigliere regionale del PDL, eletto grazie all’ottimo risultato ottenuto alle ultime elezioni con 9626 preferenze, nonché presidente della commissione “Lavori pubblici” della Regione Lazio, richiamano l’attenzione sul tema delicato dell’intreccio politica-affari.

Non esprimiamo alcun giudizio circa le responsabilità degli indagati. Restiamo in attesa degli sviluppi delle indagini e delle motivazioni che hanno condotto all’adozione di misure così gravi, tuttavia la serietà della procura, che a Latina non si può certo definire rossa, nonché della stessa guardia di finanza, fanno pensare a fatti più che concreta.

Tuttavia il caso da luogo ad alcune importanti considerazioni: la contiguità tra politica ed organizzazioni criminali – presenti sul nostro territorio – che attraverso la pratica del voto di scambio godono di collusioni e di connivenze, aiutati anche dalla grande disponibilità finanziaria di cui dispongono. Infatti, i soldi del traffico di droga e delle estorsioni ai danni dei commercianti, grazie soprattutto al lavoro incessante dei numerosi colletti bianchi, locali e non, sono facilmente reinvestibili nell’acquisto di attività commerciali e di beni immobili, di indubbio valore. Su questo punto, la politica locale ha sempre chiuso un occhio, se non due, lasciando alla sola magistratura il compito di fare da ostacolo al fenomeno, tant’è che oggi – invece di assistere ad un azione politica impostata sulla questione morale – siamo ancora una volta a parlare di indagati ed inquisiti.

Minturno è solo l’ultimo in ordine di tempo, dopo il caso di Sabaudia ed il mai dimenticato caso “Fondi”, nel quale solo di recente grazie anche alla dura lotta dell’opposizione e della federazione della sinistra la Regione – all’ultimo momento – si è costituita parte civile.

Siamo sempre in attesa di una risposta convincente delle amministrazioni locali sulla questione della legalità – come siamo sempre in attesa del dossier di Cusani sul caso Fondi – eppure basterebbe un poco di buona volontà. Come l’introduzione all’interno delle amministrazioni pubbliche, di procedure che garantiscano la massima trasparenza dei processi amministrativi in modo che i cittadini possano accedere in tempi ragionevoli alle informazioni, senza dover scontrarsi con i lacci ed i lacciuoli della burocrazia.

Più volte noi stessi siamo stati costretti ad arrenderci davanti all’impossibilità di accedere in maniera celere agli atti depositati in Comune.

Il nostro invito all’attuale amministrazione comunale a pubblicare sul sito del comune tutto il materiale deliberato, in modo da facilitare l’accesso agli atti quali: “bandi, delibere di consiglio, delibere di giunta, determine,……”, è a tutt’oggi lettera morta, nonostante che tale obbligo non sia frutto della nostra immaginazione bensì del decreto Brunetta.

Tutto ciò da credito all’impressione di una classe politica, composta da traffichini annodati gli uni agli altri, che se ne fregano della gente e del bene comune, presa com’è a difendere i propri interessi, in maniera molto spesso poco chiara.

D’altro canto tutto ciò conferma le vere ragioni del attacco reiterato a livello nazionale alla magistratura, responsabile di colpire alcuni dei capi saldi del potere politico del governo ottenuto grazie ad una “oculata” gestione degli appalti pubblici che ha liberato non poche risorse economiche a favore di una sola parte politica. Al riguardo il tema della riforma della giustizia appare strumentale e privo di senso se si pensa come questa – invece di sostenere i Tribunali di frontiera come quello di Latina – si occupi dell’impunità di una sola persona contro il più elementare principio di uguaglianza.

Direttivo
circolo “ENZO SIMEONE”
partito della Rifondazione Comunista
Formia

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